23 novembre 2012

Shanghai - 11/2012


Questa è una grande città.

Tutto è grande in Shanghai, i palazzi, i musei, la metropolitana, la torre della televisione nell’elitaria Pudong.
E’ grande soprattutto l’orgoglio di un popolo, gli abitanti di questa megalopoli, che si riflette in tutto ciò che costruiscono.
Shanghai non è la Cina, mi ha detto un tassista.
E’ vero, con circa 500K stranieri su 25M di persone, è matematico incontrare un “bianco” ogni 100 metri in mezzo alla folla.

Shanghai viene chiamata talvolta con il nome del piccolo villaggio di pescatori che un tempo era. E’ paradossale. Oggi Shanghai possiede il porto di container più grande del mondo.

La Subway trafigge il sottosuolo di Shanghai con grandi ed organizzatissimi cunicoli, con sorprendenti piazze sotterranee in cui la vita scorre come un magma inarrestabile.

Nella Subway è avvenuto l’incontro che più mi ricorderò: spostandoci da People’s Square a Guanglan Road una signora brandisce in una mano un microfono e nell’altra la piccola mano della figlia di 3 o 4 anni.
E canta una dolce canzone debolmente amplificata dal piccolo stereo che porta al collo.
La figlioletta stringe forte la mano della madre e porge una tazza metallica vuota ai presenti.
Quel microfono è in grado di oscurare la prima impressione di “mendicante” e proporre la donna ai presenti come una umile cantante.

Nel frattempo, sugli schermi della “moving tv”- che proietta pubblicità e proclami di partito – un’altra donna, dal viso sino-occidentale splendidamente di bianco vestita, brandisce anch’essa un microfono. Con un’espressione melodrammatica canta una canzone, incorniciata dall’effige della falce e del martello in bella vista nell’angolo in basso a destra dello schermo.

Le due donne, i cui destini sono così diversi fra loro, entrano contemporaneamente nella visuale mia e della mia collega, cinese del sud che lavora a Shanghai, che mi ha accompagnato a visitare la “vecchia” Shanghai. Due donne cantano per vivere, a Shanghai.

La mia collega mi dice “Mi raccomando, non darle niente”, riferendosi ovviamente alla mendicante. Poi attende che la donna con la bambina ci superino, e mi dice: “Con questa attività lei guadagna più del mio salario, quindi non darle niente”.
Anche l’individualismo di Shanghai è grande.
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